di Stefano Grimaldi
Dalla resistenza “delle cucine di una volta” fino alla Fusion
Siamo già da un po’ nel bel mezzo di un cambio generazionale che parte dai boomers, X, MILLENIALS, fino alle new generations ZETA, ALPHA, BETA.
Questo melting pot generazionale appunto, unitamente a moda, musica, forme di comunicazione e così via, non tralascia di influenzare anche il mondo della ristorazione, comparto che lancia e consolida numeri da capogiro nell’ordine di centinaia di migliaia d’ imprese e decine di miliardi di fatturato.
Diremmo giustamente, che la nostra nazione straboccante di eccellenze di notevole denominazione e dalla biodiversità unica, si colloca almeno fra le prime due posizioni di testa di mercato.
Un mercato che è tale perchè sunto di storia, dominazioni, scambi, acquisizioni culturali perfino portateci da dominazioni e guerre, ecosistema, flora, mondo animale, artigianato, arte. Una straordinaria comunità complessa e completa.
Come se non bastasse, le forme di ristorazione odierne hanno nei loro vettori di distribuzione non solo negozi preposti, mercati super o iper o di quartiere, ma anche un fenomeno recente (o che recentemente si è reso corporativo e professionale) come il take away (che non è più così stigmatizzato come un tempo) e i delivery perfino di lusso…stellati insomma.
Fatto è che: nuove esigenze, nuove abitudini, nuovi usi più o meno importati anch’essi da una globalizzazione mai così estesa (ma non terminata), finiscono per diventare anche nostri. Ingredienti moderni, acquisiti, elaborati, fusi ecc., da una nazione che vedeva fino a qualche decennio fa la bottega, il panino, la trattoria…seppur di squisiti gusti e tradizionalmente rassicuranti.
I nuovi ristoranti aggiungono oggi nuove esperienze sensoriali fatte di eccellenze, profumi ricavati da tecnologie al servizio delle persone, nuove tecniche create dai produttori per ottenere il risultato migliore, più attuale, più originale e, non ultima, una ricerca molto periziosa della qualità più gustosa, appropriata al tasting contemporaneo, all’estetica, alla salubrità.
Oltretutto, una ben “marketizzata” offerta green, sostenibile a mezzo di new technology, ma anche “come si faceva una volta”…macinato a pietra…dalla lunga essicazione…rugosa per catturare meglio i sughi, a bassa temperatura, con l’azoto ecc. ; sono tutte scoperte-riscoperte vecchie e nuove che concorrono ad aver (per fortuna dico io) reso più complessa e completa la gamma gustativa, l’offerta, la modernizzazione di alcune tecniche di cottura avanzate e una certa salvaguardia di una tradizione enogastronomica solidissima come la nostra nazional-regionale.
Laddove le regioni italiane sono scrigni infiniti di sapori, particolarità, storie suggestive e infinite, insomma millenni di evoluzione della civiltà mediterranea.
Parlando di tecnologie modernissime, esiste già un primordiale uso dell’intelligenza artificiale in diversi ristoranti consistente in; prenotazioni, ordini e responsi tali da garantire feed back dell’esperienza enogastronomica, così da compilare e assettare un “quadro-gusti-abitudini” degli utenti, per centrare sempre meglio offerte e servizi , spesso in considerazione pure di intolleranze, allergie, salute.
Concretando: radici culturali, affettività, emotività infantile, storie ed epoche personali, identità regionali o suggestioni genuine piuttosto che ad “import” vissute all’estero, comfort food (della nonna o della catena fast o slow), influencer, influenza televisiva ecc. sono infinite motivazioni e fattori portanti che entrano nella vita di ognuno, costruendo il gusto personale, ad oggi più vasto e ricco di stimoli avanguardisti, artistici, evoluti o di artigianato culinario tradizionale…con l’obiettivo massimo di non fermare mai una sana e complessa evoluzione anche del mondo ristorativo ma, soprattutto, una “creatività generativa”, a mio avviso base fondamentale dell’avanzamento culturale e gastronomico umano.
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